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Un esempio per tutti: Giacomino Rotondo

mercoledì 1 novembre 2017, di F. Pagano

Giacomo Rotondo nasce a Messina il 23 marzo 1938 da Nicolò e Antonia Staiti; in quel periodo la guerra ancora faceva sentire la sua eco e già da piccolo sentì la responsabilità del lavoro per il bene della famiglia. Poco incline allo studio, appena superato il periodo dell’obbligo, dedicò le sue giornate al lavoro nei campi insieme al padre, sia nei propri terreni sia presso terzi. Benché ancora adolescente riuscì ben presto a uguagliare il lavoro di un adulto, non risparmiandosi in nessun ambito pur di avere la “giornata” da consegnare al padre per contribuire al sostentamento della famiglia, con un fratello ancora piccolo e le due sorelle “da maritare”.
La guerra segnò le sue giornate di ragazzino, anche se rispetto ad altre famiglie prive di sostentamento, si sentiva fortunato perché il lavoro dei campi dava frutti commestibili e l’allevamento di pochi capi ovini, suini e ovini consentivano alla sua famiglia di avere cibo sufficiente anche se a costo di immane fatica e sacrificio. In questo periodo sperimenterà l’importanza della solidarietà con chi è meno fortunato.
Arriva così il momento di assolvere il servizio di leva in Marina, a Taranto, dove impara a guidare gli automezzi pesanti. Il possesso di una patente superiore gli consentirà di accedere al servizio di trasporto pubblico presso l’ATM di Messina, ricoprendo diversi ruoli: autista di linea, autista di rimessa, bigliettaio, addetto all’officina. I colleghi di lavoro avranno con lui un rapporto molto cordiale, e quelli a più stretto contatto lo ricordano come un uomo onesto, generoso e gran lavoratore, un amico.
Quindi nel 1963 sposa Caterina, una graziosa e timida ventenne che gli darà due figlie, Antonella e Patrizia. Già prima della nascita della primogenita nel 1964 comincia ad avere i primi sintomi di una lunga malattia, nefropatia bilaterale cronica, che sarà poi la causa della sua morte in seguito a complicazioni sempre più gravi nel corso degli anni.
Nei primi anni di matrimonio vive in una casetta in campagna in Contrada Serri, dove allora c’erano solo poche case isolate. In una fredda e piovosa sera d’inverno è a letto per una nefrite, con la febbre alta. Uno sventurato automobilista finisce in un canalone nella stradina di campagna vicina alla casa di Giacomo e Caterina. Non c’è nessun altro lì intorno, è buio e fa davvero freddo. Giacomo non ci pensa due volte, nonostante la moglie cerchi di dissuaderlo, si veste, prende la sua auto e sotto la pioggia battente va a prestare soccorso. Tira, spinge, solleva, finalmente l’auto in panne viene fuori dal fosso e l’automobilista torna a casa, riconoscente e solo un po’ bagnato. Ma Giacomo pagherà caro quel gesto di solidarietà, ci vorranno parecchi mesi e parecchie cure per riprendersi, ma non sarà più lo stesso. Ogni cosa richiederà sempre più fatica.
Nonostante questa consapevolezza con tenacia e coraggio continua il suo lavoro all’ATM e intanto decide di costruire una casa che possa accogliere la sua famiglia ormai cresciuta, senza per questo tralasciare il lavoro nei campi. La nuova abitazione sorgerà su un terreno cedutogli dal padre a Mortelle, vicino al mare. Esattamente sulla S.S.113 al Km.13,400, dove al momento c’era solo una stradella sterrata per l’accesso e dei terreni da spianare e bonificare. E’ il 1969, dopo aver esattamente individuato la posizione della casa e cominciato la costruzione, si dedica anche alla sistemazione della strada di accesso dalla Statale che arriva fino al mare e alle abitazioni vicine che intanto stanno sorgendo. Dove prima c’era un semplice passaggio sterrato Giacomo riesce a realizzare a sue spese una strada in pietre e cemento che ancora oggi mostra tutta la sua robustezza. Dopo parecchi anni la strada diventa comunale e viene asfaltata, ma sotto gli strati di catrame ogni sasso è ancora intriso del sudore e della fatica che sono costati a Giacomo per la sua realizzazione. Adesso centinaia di persone ogni estate passano su questa strada per andare al mare, ignare della sua origine.
La casa intanto continua a sorgere, con immensi sacrifici. Ci vorranno parecchi anni per finirla e le condizioni di Giacomo intanto peggiorano al punto che dal 1979 la sua vita dipenderà da una macchina cui deve restare attaccato per quattro ore tre volte la settimana; i suoi reni sono ormai bloccati senza rimedio. L’unica soluzione resta il trapianto.
Durante un turno di lavoro all’ATM il suo corpo lo tradisce, una brutta caduta gli provoca la rottura bilaterale dei tendini rotulei; per parecchio tempo non riesce a camminare e quindi neanche a lavorare. Saranno tempi veramente duri. Sarà solo grazie alla solidarietà di chi gli è vicino, colleghi e amici, che riuscirà a superare questa fase.
Si sottopone ad un intervento di ricostruzione dei legamenti tramite cavi in acciaio. Ancor più difficile considerato lo stato generale. Deve continuare la dialisi per sopravvivere e quindi assumere anticoagulanti, ma per superare l’intervento e il post-operatorio invece serve assumere coagulanti. Sarà la sapienza dei medici ad aiutarlo. Dopo pochi giorni da questo intervento, quando è ancora convalescente in ospedale, arriva la chiamata per un rene disponibile, ma non può sottoporsi ad un secondo intervento in così breve tempo, le ferite sono ancora aperte, ed è costretto a rinunciare, vedendo allontanarsi la speranza di una vita “normale”.
Nel frattempo l’anziana madre muore di tumore.
Giacomo si aggrappa alla vita con tutte le sue forze, sente sempre la responsabilità di uomo, di marito, di padre e non si abbandona al dolore. Appena riacquista le forze ed è in grado di alzarsi e camminare, anche se con infinite difficoltà, riprende a lavorare.
Ma il destino si prende gioco di lui, una pericardite lo fa quasi morire. Eppure grazie al suo temperamento tenace supera anche questa.
E’ costretto a pensionarsi dall’ATM, prima di aver maturato i requisiti, quindi con una pensione ridotta.
Intanto le figlie crescono, studiano, la maggiore si sposa e arrivano i nipoti. Altro motivo in più per continuare a lottare e sorridere ancora alla vita.
Il suo corpo è martoriato dalla dialisi, dal dolore e dalla impossibilità di muoversi come vorrebbe, ma la sua mente NO! Conserva sempre un’intelligenza viva e una inventiva sorprendente, dove non arriva con il braccio arriva con l’astuzia e sviluppa soluzioni incredibili per continuare a domare la vita, ad essere presente per chi ha ancora bisogno di lui.
Le figlie e la moglie vedono in lui l’unico capace di trovare soluzioni ad ogni piccolo o grande problema quotidiano, l’unico in grado di proteggerle sempre e comunque e che può ancora insegnare tante e tante cose. Lui la mente, loro il braccio.
Dopo 23 anni di dialisi molti organi interni hanno subito danni irreversibili, l’osteoporosi l’ha reso fragile, il trapianto non è più una soluzione possibile, già da tempo. Dove si riesce ad arginare un problema, ne sorge un altro vicino, pian piano la possente e imponente struttura fisica di Giacomo si è consumata. Non bastano più l’amore, la volontà, il coraggio.
Il 12 febbraio 2002 la sua vita terrena si conclude ma il suo spirito non si è ancora arreso, aleggia sempre sopra la sua casa e i suoi cari, continuando a vegliare, sempre vivo in tutti coloro che lo hanno conosciuto e amato.
In ogni opera che ha realizzato c’è il suo segno, anche in una parete della sua cucina ad esempio c’è ancora la sua catenina con il crocefisso, caduta dentro il muro durante la costruzione, strappata da una colata di cemento.
La strada che lui ha costruito sarà ancora calpestata da centinaia di persone.
Come spesso accade nei piccoli centri, ci si conosce tutti e quindi anche Giacomo non si sottrae a questa regola. In paese è molto conosciuto proprio per il suo carattere generoso e per la sua storia; ancora oggi nelle chiacchierate del pomeriggio sui muretti del lungomare gli amici ricordano con affetto le esperienze e le tante storie condivise con lui.

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