Ganzirri, Torre Faro, Capo Peloro: splendide località turistiche situate nella cuspide nord-orientale della Sicilia, dove sembra lentamente riemergere dalle acque la lunga catena appenninica. E’ un luogo di grande fascino, sempre immerso in una straordinaria luce. Confusa fra terra e acque, con i singolari laghetti di Ganzirri, la sua estremità individua la linea di demarcazione fra Tirreno e Ionio, vicinissima alla costa calabra e caratterizzata dall’alto metallico traliccio, entrato a far parte del paesaggio. Due litorali ne definiscono i margini, il primo sulle rive dello Stretto dove si allunga l’abitato di Messina, l’altro, a nord, presenta le spiagge più densamente popolate d’estate. Sui colli, vecchi casali conservano talvolta inimmaginati tesori d’arte.
Fin dall’antichità, il pesce spada è stato considerato un cibo di grande raffinatezza, tanto che tiranni greci, prima, e patrizi romani, poi, usavano servirlo nei pranzi più lussuosi, come è testimoniato, già nel IV secolo a.C. dal poeta greco Orchestrato, di Gela, nel suo poema in esametri "Piacevolezza".
È la ricetta più nota, che esalta la tenerezza e l’aroma del pesce spada. La carne, tagliata in trance di 2-3 centimetri di spessore, viene arrostita sulla brace e condita al piatto con un battuto d’olio, limone, sale, acqua, aglio, prezzemolo tritato e origano.
Piatto rappresentativo della cucina messinese ottenuto dal caciocavallo (parte anteriore dell’addome), tagliato a fettine dello spessore di mezzo centimetro riempite di pangrattato condito con olio, prezzemolo, aglio, pepe nero. Al ripieno possono essere aggiunti pinoli e uva passa. Le bracioli vanno arrostite alla griglia o cucinate con la ghiotta.
È un sugo saporitissimo nel quale sì cuociono, oltre al pesce spada in pezzi o in bracioli, vari tipi di pesce. Si prepara con olio, pomodoro fresco, concentrato di pomodoro, sedano, cipolla, olive verdi e capperi. Si cuoce preferibilmente in tegame di coccio, lentamente, finché l’olio, raddensandosi, formi un "velo" sull’intingolo.
Piatto leggero, ma saporito; si prepara con pangrattato insaporito da pepe nero, sale, capperi, un’acciuga finemente tritata, origano e prezzemolo. Le fettine, tagliate dal caciocavallo vengono impanate e disposte a strati in una teglia oleata, coperte con striscioline di tuma fresca e di pomodoro e cotte a forno moderato fino alla doratura del formaggio.
Fettine sottili, tagliate preferibilmente dal caciocavallo, impanate con pangrattato condito come per il rusulatue fritte in abbondante olio bollente finché siano ben dorate e croccanti.
A cura di Bernard Michaud
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