Ganzirri, il Peloro e lo Stretto di Messina
Il sito della riviera Nord di Messina, da Paradiso a Rodia

Ganzirri, Torre Faro, Capo Peloro: splendide località turistiche situate nella cuspide nord-orientale della Sicilia, dove sembra lentamente riemergere dalle acque la lunga catena appenninica. E’ un luogo di grande fascino, sempre immerso in una straordinaria luce. Confusa fra terra e acque, con i singolari laghetti di Ganzirri, la sua estremità individua la linea di demarcazione fra Tirreno e Ionio, vicinissima alla costa calabra e caratterizzata dall’alto metallico traliccio, entrato a far parte del paesaggio. Due litorali ne definiscono i margini, il primo sulle rive dello Stretto dove si allunga l’abitato di Messina, l’altro, a nord, presenta le spiagge più densamente popolate d’estate. Sui colli, vecchi casali conservano talvolta inimmaginati tesori d’arte.

La vita dei torrari del ’500
Articolo pubblicato online il 4 agosto 2007
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«A 29 di luglio vennerdì, a hori 23, passò una sciabica armata; se li gridò et non volsi rispondere; se li tirò un tiro di falconetto con sua balla».

«Martidì a 18 di augusto 1622, alla alba, passaro quattro galeri che veniano di ponenti; se li disparò un tiro di masculo per aviso della costa; vennero sutta la turri, et foro li galeri di Malta; salutaro la turri, et dopo se li resposi con un altro tiro di masculo».

«A 5 di settembre, lunidi, alla Ave Maria passaro cinque galere che veniano di levanti; li sparamo un tiro di masculo».

«Alli 9 di detto vennerdì, a hori 22, passaro cinque galeri di ponenti; li sparamo un tiro di masculo per aviso della costa».

«Alli 6 di ottobro, giovedì, passaro 6 galeri chi andavano a ponenti, la matina; havemo sparato un masculo per aviso della costa».

Questo monotono «rosario» (che continua per un bel pezzo) di tutto quello che succedeva sul mare, di fronte alla torre d’avvistamento dell’«Isola delle Femmine», esemplifica e sintetizza qual’era la vita del «torraro» nel Seicento, in questo caso certo Diego De Francesco «artigliero e guardiano».

Giorni tutti uguali con gli occhi fissi sul mare, 24 ore su 24, a scrutare l’orizzonte nella speranza di non avvistare mai vascelli e feluche cariche di empi Saraceni, con la sola compagnia di un «caporale» e di un altro compagno, «ì quali facciano continoa residenza nella detta torre - recita una "Ordinatione" del 1582 - facendo guardia di giorno e di notte con somma vigilanza ciascheduno la sua vicenda; le quali vicende si ripartiscono con uguale proportione dal caporale, et esso faccia la sua siccome gli altri, et la guardia sia rimirando diligentemente verso il mare et verso la terra a tutte le parti».

Sulla mercede per tale logorante ed estenuante servizio, non c’era certo da scialare perché «il soldo del caporale et del bombardiero sia di cinque scudi al mese per ciascheduno, et quello del compagno di quattro scudi al mese».

Il mobilio che componeva l’arredo della torre era quanto di più spartano ci possa essere perché, «...fra le altre provisioni la deputazione terrà nella detta torre due letti forniti per uso d’essi guardiani, disconterossi della paga oro due tarini al mese a ciascheduno di loro per fitto di tali letti»: perciò, solo due brande perché il terzo uomo si presumeva dovesse stare sempre all’erta e non dormire, a turno, e, l’uso degli stessi giacigli, addirittura pagato con le trattenute sullo stipendio!

In «tempi non sospetti», cioè da novembre a marzo, erano consentite brevi licenze di non più di dieci giorni, «... per rivedere le case loro a provedersi di vittovaglia» e offerta anche la possibilità che «... i detti guardani i giorni di festa ne luoghi convicini possin veder messa senza pericolo della guardia della torre».

Una vita dura, dunque, quella del «torraro», che doveva essere di età superiore ai 18 anni e, se artigliere, abile nel maneggiare i pezzi dopo aver dimostrato questa sua praticità con un severo esame.

Particolarmente rigide erano le pene in caso di abbandono della torre: al soldato due tratti di corda la prima volta e tre anni di galea in caso di ripetizione della grave mancanza; al caporale, che aveva il comando tre tratti di corda e cinque anni di galea.

Il «torraro», se la morte non sopraggiungeva tragicamente prima, chiudeva i suoi giorni nella torre in cui era servizio, praticamente a tempo indeterminato.

di Antonino Principato


freccia Sul web : Fonte: La Sicilia 25-10-1998
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